di Giacomo Bollini
Nei primi anni del secolo scorso il gioco del calcio faceva già impazzire l’Italia. Le società sportive, i cosiddetti Foot Ball Club, sorgevano un po’ ovunque in tutta la penisola. Fra la fine dell’’800 e i primi vent’ anni del ‘900 nascono difatti la stragrande maggioranza delle squadre che ancora oggi popolano e animano quello che si può definire lo sport più amato dagli italiani.
Fra queste società c’è anche il Bologna, nato il 3 ottobre del 1909.
Sebbene molto popolari, i calciatori dell’epoca potevano essere considerati persone qualunque: lavoratori come tutti gli altri, con un particolare hobby. Si trattava di un calcio ancora molto “umano”, e non contagiato dal giro di denaro che lo caratterizza oggi. Di calcio era impossibile vivere: si trattava solo di una passione, non sempre retribuita nonostante la grande popolarità.
Allo scoppio della Grande Guerra il Bologna F.C. era una realtà calcistica già affermata, anche se non ancora quella “macchina da scudetti” che divenne fra gli anni ‘20 e ‘30.
Il conflitto causò la sospensione delle attività sportive di allora, calcio compreso, dal 1916 al 1919.
I giovani calciatori del Bologna F.C., regolarmente richiamati alle armi, prestarono servizio al fronte con la divisa grigioverde, come i più comuni cittadini, quali realmente erano. Non mancarono quindi diversi caduti fra coloro i quali avevano indossato la casacca rossoblù in tempo di pace. Sono ben 14 i caduti, fra soci e giocatori, ricordati dalla società nella lapide ancora oggi visibile presso lo Sterlino, l’allora campo sportivo di gioco.
La lapide ricorda 14 nomi: Alberti Guido, Balestra Rinaldo, Bianchi Agostino, Bonvicini Mario, Della Valle Guido, Fontana Lazzaro Antonio, Laffi Modesto, Pifferi Guido, Presi Silvio, Ridolfi Giorgio, Rossi Giorgio, Sala Rosa Lino.
Si tratta di un contributo di sangue davvero significativo. Ma chi erano i caduti del Bologna F.C.? Semplici ragazzi, travolti da un qualcosa più grande di loro, sottratti alla vita dalle granate austriache e dalle malattie contratte in trincea, privati di anni di divertimento sui verdi campi da gioco. Con questo breve articolo rendo omaggio a quei ragazzi, cercando di raccontare le loro storie. Con il prezioso aiuto dell’Albo d’oro dei caduti e all’Enciclopedia dei 100 anni del Bologna F.C. si riesce a tracciare di alcuni di loro un breve ritratto.
Guido Alberti di Angelo, tenente del 48° regg. Artiglieria, nato a San Giorgio di Piano nel 1897, dimorante a Bologna, morto per polmonite nell’ospedale di Tappa, sezione di Santa Giustina di Padova il 25 settembre 1918. Ragioniere. Celibe. Fratello maggiore del fuoriclasse Cesare, giocò giovanissimo nel Bologna rivelandosi elemento di eccellenti risorse, impiegato sia come mediano o laterale destro, ma anche ala o interno (in pratica attaccante). Veloce e robusto, ricco di slanci agonistici e pure dotato di un buon tiro. Collezionò 15 presenze con la maglia rossoblù fra il 1912 e il 1915, condite da 2 reti.
Agostino Bianchi. Nato a Novara il 9 gennaio 1895. Proveniente dal Novara Calcio, esordì il 4 ottobre 1914 contro la Juventus (partita finita 0-0). Nel campionato 1914-1915, il suo unico in rossoblù, scese in campo 7 volte con il ruolo di centravanti, siglando due reti.
Lazzaro Fontana, di Ercole, nato a Modena (anche se alcune fonti riportano Milano) il 14-8-1892. Aspirante ufficiale del 34° fanteria, brigata Livorno. Morto per ferite il 10 dicembre 1916 sul Dosso Faiti, sul Carso di Comeno. Di ruolo portiere, titolare durante le stagioni 1913-1914 e 1914-1915. Vanta 20 presenze con la maglia del Bologna e 50 reti subite. Esordì in campionato il 12 ottobre 1913, nel pareggio 2-2 con il Petrarca Padova.
Aldo Brivio, di Cesare, sottotenente del 7° raggruppamento bombardieri, 101° gruppo, 301a batteria, nato a Brescia nel 1896, dimorante a Bologna, morto per ferite sul monte Grappa il 15 giugno 1918. Studente del Liceo Ginnasio Marco Minghetti. Celibe. Promettente portiere, esordì il 4 ottobre 1914 contro la Juventus, mantenendo inviolata la propria porta per tutta la partita. La partita successiva incassò invece tre reti. Alla sua memoria venne conferita la medaglia d’argento al valor militare con la seguente motivazione: “ Sottocomandante di una batteria di bombarde, nonostante l’intenso fuoco nemico, si teneva sulla linea dei pezzi, incitando col proprio esempio i dipendenti e provvedendo alla sollecita e precisa esecuzione degli ordini di fuoco del comandante della batteria. Ferito gravemente da una scheggia di granata avversaria, con stoicismo mirabile conteneva ogni manifestazione delle sue gravi sofferenze e rimaneva al proprio posto per supplire alla deficienza di ufficiali, incitando tutti al completo adempimento del dovere, finché, esausto, dové essere trasportato al posto di medicazione, dove serenamente spirò. Monte Rivon, 15 giugno 1918.
Guido Della Valle, il più anziano dei fratelli Della Valle che giocarono nel Bologna (Guido, Mario e Giuseppe, il più famoso, 225 presenze e 104 reti in rossoblù). Nato a Bologna il 31-5-1894, fu un autentico pioniere dello sport. Tirò i primi calci negli Allievi del Vicenza attorno al 1908 per poi tornare nella sua Bologna in tempo per partecipare alla nascita del club rossoblù. Campione emiliano nel 1910, indossò la maglia felsinea fino al 1914, quando si trasferì per ragioni di studio a Torino. Sulle orme del padre, ufficiale di carriera dell’esercito, si iscrisse all’Accademia di Artiglieria, dalla quale uscì come sottotenente. Morì il 21 ottobre 1915. Purtroppo non si hanno notizie della sua vita militare. Da calciatore Guido Della Valle può essere considerato un autentico jolly, interpretando in difesa tutti i ruoli,, portiere compreso. Nella stagione 1912-13, in occasione del doppio confronto con il Venezia, il portiere titolare Guardigli era indisponibile e fu così della Valle a retrocedere fra i pali: le cronache non calcano la mano, ma se a Bologna i laguanri si imposero solo per 1-0, il torrenziale bis in casa per 8-0 lascia pensare che nell’occasione l’improvvisato estremo difensore rossoblù non abbia vissuto una giornata esemplare… Vanta in rossoblù 20 presenze, di cui due da portiere, zero reti fatte, e nove subite.
Giorgio Ridolfi, di Armando, aspirante ufficiale nel 14° reggimento artiglieria da campagna, nato a Bologna nel 1899, dimorante a Bologna, morto per ferite a Nervesa il 14 dicembre 1917 durante le spasmodiche giornate della difesa della linea del Piave durante la battaglia d’arresto. Ragioniere. Celibe. Alla sua memoria, nel 1919, venne conferita la medaglia d’argento al valor militare con la seguente motivazione: “Animato da non comune spirito di sacrifico e di abnegazione, dopo aver prestato un lungo servizio in batteria, invece di raggiungere la zona di riposo chiedeva ed otteneva di disimpegnare il servizio, dando ai compagni e agli inferiori costante esempio di salde virtù militari, finché cadeva gloriosamente sul campo. Casa Duss, 14 dicembre 1917.
Ernesto Lino Sala Rosa, di Guglielmo, nato a San Prospero Suzzara (Mn) il 22-12-1894. Sottotenente del battaglione alpino Sette Comuni, del 6° reggimento alpini. Morto sul monte Badenecche (altipiano di Asiago) il 4 dicembre 1917, durante la fase di sganciamento delle truppe italiane dal complesso montuoso delle Melette durante la battaglia di arresto a seguito della battaglia di Caporetto. Per l’azione in cui trovò la morte gli venne conferita la medaglia d’argento al valor militare con la seguente motivazione: “Comandante di una sezione lancia tubi, arditamente muoveva alla riconquista delle proprie armi, dovute momentaneamente abbandonare per l’impeto dell’attacco nemico. Ferito gravemente una prima volta, continuava nell’azione finché cadde nuovamente e mortalmente colpito.”
Difensore del Bologna dei pionieri si segnalò per il temperamento generoso e combattivo oltre ai notevoli mezzi tecnici. Si adattava a qualsiasi ruolo, ma la sua instancabile esuberanza fisica ne consigliò la difesa in “seconda linea” (oggi si direbbe a centrocampo), dove occorreva muoversi avanti e indietro senza sosta. Studente, arruolato come soldato semplice nella sanità, nei primi mesi di guerra era in servizio a Lugo e si sottoponeva alle più strampalate acrobazie domenicali pur di raggiungere la squadra e scendere in campo. Tornò poi a Bologna per una licenza durante il conflitto da aspirante alpino e andò a trovare i giovani compagni al campo della Cesoia; qui, raggiunto dalla notizia della battaglia di Caporetto, decise di rinunciare al proprio permesso e tornò al proprio reparto, trovando la morte in combattimento. Esordì con la maglia rossoblù il 3 novembre 1912, nella sconfitta del Bologna per 4-1 col Volontari Venezia. Collezionò in totale, in tre stagioni (1912-1915) 21 presenze ed una rete.