Fra le migliaia di caduti bolognesi della Grande Guerra si cela un personaggio che oggi sarebbe senz’altro annoverato fra i “vip” cittadini, un uomo dal nome famoso, allora forse ancora più di oggi. Si tratta di Athos Casarini, uno dei maggiori rappresentanti del movimento pittorico futurista di inizio secolo. La sua fame era tale che la sua permanenza nella natia Bologna, dove aveva visto la luce il 3 gennaio 1883, fu breve. Nel 1909 si trasferirà difatti a New York, dalla sua casa di via Belle Arti, chiamato dal fratello Alberto. Negli Stati Uniti Casarini fiorisce nel vero senso della parola dal punto di vista artistico, facendo ben presto giungere la sua fama anche in Italia. Il ritmo vertiginoso della metropoli americana lo coinvolge come in un vortice. La modernità, i grattaceli e lo stimolante ambiente americano lo influenzano e ben presto aumentano le commissioni artistiche a suo carico: riviste, gallerie d’arte, mostre, così come cominciano a fioccare i riconoscimenti, gli apprezzamenti e i premi. La sua arte si evolve nel puro stile futurista, paragonabile ai più celebri Boccioni o Balla. Fra le tematiche esaltate dall’arte di Casarini non manca la guerra, punto cardine della cultura e del credo futurista. Difatti la deflagrazione della guerra europea non passa inosservata sulle sue tele. Quando ad entrare in guerra è proprio il Regno d’Italia Casarini, pensoso, prende una rapida decisione e scrive: “Ho parlato di guerra per mesi; ora in guerra ci vado. Come futurista e nazionalista ho predicato la guerra; non sarei conseguente se io stesso non mettessi in pratica ciò che sono andato predicando agli altri.”

Con grande coerenza culturale, difatti, Casarini si reimbarca per l’Italia per arruolarsi nel regio esercito. Continua Casarini “I miei amici, qui a New York, mi dicono—Sei pazzo! Tu non sei costretto ad andare! Non sei mai stato sotto le armi! Non hai nemmeno mai sparato con una rivoltella! Ho parlato di guerra per mesi; ora in guerra ci vado.
Ma Casarini è irremovibile. Come da regolamento, in quanto dotato di titolo di studi elevato, viene automaticamente promosso sottotenente ed inquadrato in un reggimento di recente costruzione: il 280° (precisamente nel III battaglione) della brigata Foggia. Il suo destino è però quello di non riuscire a vedere la fine della guerra che aveva tanto decantato. Il 12 settembre 1917, in un attacco al monte San Gabriele, Athos Casarini muore, fra il fango del campo di battaglia che parifica e uniforma tutti nell’abbrutimento della morte.
Grande fu il cordoglio in città (anche il sindaco Zanardi lo ricorda in un suo discorso pubblico) e oltreoceano per la morte prematura di Casarini. E’ certo che la sua dipartita in guerra stroncò la sua carriera nel momento di lancio, lasciandolo oggi quindi fra i comprimari del futurismo italiano e non fra i nomi di punta. La sua sciabola è conservata oggi presso il Museo del Risorgimento di Bologna. Nel 1937 si tenne a Bologna una mostra a cura proprio di Tommaso Marinetti per ricordare Athos Casarini, un altro caduto che Bologna, purtroppo ha dimenticato troppo presto.
